Cassazione penale Sez. V sentenza n. 156 del 4 gennaio 2008

ECLI:IT:CASS:2008:156PEN

Massima

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Il tentativo di costringere con minacce gravi una persona a compiere un atto falso, come modificare una relazione sull'infortunio di un minore al fine di riscuotere un premio assicurativo, integra il reato di violenza privata, a prescindere dall'effettiva realizzazione dell'atto falso o dell'ottenimento del risarcimento. La condotta è punibile anche se il soggetto passivo non cede alle minacce, in quanto ciò che rileva è l'idoneità e l'univocità degli atti diretti a coartare la volontà altrui, non l'effettivo conseguimento del risultato illecito. Il giudizio di colpevolezza non viene meno per il solo fatto che la materiale pronuncia delle espressioni minacciose non sia direttamente riferibile all'imputato, essendo sufficiente che egli abbia promosso e partecipato all'azione intimidatoria, anche attraverso l'accompagnamento di altri soggetti, al fine di potenziarne l'efficacia. Il reato di violenza privata è configurabile anche quando la pretesa fatta valere con minacce sia in sé delittuosa, come nel caso di tentativo di indurre la falsificazione di un documento, non essendo applicabile in tale ipotesi la scriminante della legittima difesa privata.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NARDI Domenico - Presidente

Dott. CALABRESE Renato Luigi - Consigliere

Dott. FERRUA Giuliana - Consigliere

Dott. SCALERA Vito - Consigliere

Dott. DIDONE Antonio - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

1) VI. AN. N. IL (OMESSO);

avverso sentenza del 01/12/2005 CORTE APPELLO LECCE SEZ. DISIT. di TARANTO;

visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. CALABRESE RENATO LUIGI;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Gianfranco Viglietta, che ha concluso per: qualificato il fatto ex articolo 336 c.p., rigettarsi il ricorso.

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