Il provvedimento di archiviazione, sia esso decreto o ordinanza, è impugnabile in Cassazione soltanto nei rigorosi limiti fissati dall'art. 409, comma 6, c.p.p., ovvero quando le parti non siano state poste in grado di esercitare le facoltà previste dalla legge, come l'intervento in camera di consiglio. La Corte di Cassazione non può sindacare le valutazioni espresse dal giudice a fondamento dell'archiviazione, né le considerazioni in base alle quali il P.M. abbia richiesto l'archiviazione, essendo il giudice libero di motivare il proprio convincimento anche prescindendo dalle valutazioni dell'organo titolare dell'azione penale. Pertanto, i vizi di motivazione, di travisamento dell'oggetto o di omessa considerazione di circostanze di fatto già acquisite non sono censurabili in Cassazione avverso il provvedimento di archiviazione, in quanto il principio di tassatività dei mezzi di impugnazione, di cui all'art. 568, comma 1, c.p.p., riguarda anche le ipotesi in cui l'impugnazione può essere proposta. Inoltre, l'incompletezza delle indagini non costituisce motivo di impugnazione del provvedimento di archiviazione, qualora il P.M. abbia svolto accertamenti tecnici, come una consulenza ex art. 359 c.p.p. e un incidente probatorio, che abbiano affrontato tutti gli aspetti della vicenda e il giudice abbia adeguatamente valutato gli esiti di tali attività istruttorie, concludendo per l'infondatezza della notizia di reato e la superfluità di ulteriori indagini.