Il giudizio di revisione, volto a riesaminare una sentenza definitiva di condanna, è ammissibile solo in presenza di nuove prove decisive, idonee a dimostrare l'innocenza dell'imputato o a incidere in modo rilevante sul giudizio di colpevolezza. La valutazione della rilevanza e persuasività della prova nuova offerta dalla difesa spetta al giudice di merito, il quale deve verificarne la congruenza e la coerenza rispetto al complessivo quadro probatorio già acquisito nel precedente giudizio di cognizione. Il giudice di legittimità può sindacare tale valutazione solo sotto il profilo della logicità e della correttezza della motivazione, senza poter procedere a una nuova valutazione diretta della prova. Pertanto, il mero contrasto tra le dichiarazioni rese dalla testimone in fasi diverse del procedimento non costituisce di per sé una prova nuova determinante ai fini della revisione, qualora il giudice di merito abbia adeguatamente motivato l'attendibilità delle dichiarazioni successive, in considerazione del mutamento di vita e di prospettiva della teste, rispetto al contesto criminale in cui era inserita. La declaratoria di inammissibilità del ricorso per revisione è, dunque, legittima laddove il giudice di merito abbia escluso la decisività della prova offerta dalla difesa, sulla base di una motivazione congrua e scevra da vizi logici.