Il silenzio serbato dall'amministrazione comunale oltre il termine di sessanta giorni dalla presentazione dell'istanza di sanatoria edilizia, ai sensi dell'art. 36, comma 3, del D.P.R. n. 380/2001, equivale a un provvedimento di rigetto implicito, configurando un'ipotesi di silenzio-diniego, anziché di silenzio-inadempimento. Pertanto, l'interessato non può proporre un'azione di accertamento dell'illegittimità della condotta omissiva, ma deve impugnare il diniego tacito con richiesta di annullamento. Il silenzio serbato dall'amministrazione oltre il termine di legge, infatti, non dà luogo ad un'ipotesi di silenzio-assenso, bensì a un provvedimento di reiezione implicito, avverso il quale l'unica tutela esperibile è l'impugnazione giurisdizionale. Tale principio, affermato dalla giurisprudenza prevalente e condiviso dal Collegio, mira a garantire la certezza dei rapporti giuridici e l'effettività della tutela giurisdizionale, evitando che l'inerzia della pubblica amministrazione possa essere interpretata come un tacito accoglimento dell'istanza, in contrasto con il regime legale previsto per la sanatoria edilizia. La massima, pertanto, esprime il principio di diritto secondo cui il silenzio serbato dall'amministrazione comunale oltre il termine di sessanta giorni dalla presentazione dell'istanza di sanatoria edilizia, ai sensi dell'art. 36, comma 3, del D.P.R. n. 380/2001, configura un provvedimento di rigetto implicito, impugnabile con ricorso giurisdizionale, e non un'ipotesi di silenzio-inadempimento, con la conseguente inammissibilità dell'azione di accertamento dell'illegittimità della condotta omissiva.