Cassazione penale Sez. I sentenza n. 50451 del 7 novembre 2018

ECLI:IT:CASS:2018:50451PEN

Massima

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Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: La continuazione tra più reati presuppone l'anticipata e unitaria ideazione di tali violazioni della legge penale, già insieme presenti alla mente del reo nella loro specificità, almeno a grandi linee, situazione ben diversa da una mera inclinazione a reiterare nel tempo la violazione della stessa specie. La prova di detta congiunta previsione, ritenuta meritevole di più benevolo trattamento sanzionatorio, deve essere ricavata da indici esteriori significativi, alla luce dell'esperienza del dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere, quali l'omogeneità delle condotte, il bene giuridico offeso, il contenuto intervallo temporale, la sistematicità e le abitudini programmate di vita. Tali indici hanno normalmente un carattere sintomatico, e non direttamente dimostrativo, sicché l'accertamento, pur officioso e non implicante oneri probatori, deve assumere il carattere di effettiva dimostrazione logica, non potendo essere affidato a semplici congetture o presunzioni. L'applicazione della disciplina del reato continuato in sede esecutiva impone, pertanto, una riconsiderazione dei fatti giudicati, volta alla specifica verifica della prospettata unitarietà progettuale degli illeciti, che è indispensabile requisito per il riconoscimento del rapporto descritto nell'articolo 81 cod. pen., accertamento che, pur affidato all'apprezzamento del giudice di merito, è insindacabile in sede di legittimità quando sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e travisamento dei fatti. Inoltre, la cognizione del giudice dell'esecuzione dei dati sostanziali di possibile collegamento tra i vari reati va eseguita in base al contenuto decisorio delle sentenze di condanna, conseguite alle azioni o omissioni che si assumono essere in continuazione e, attraverso il loro raffronto, alla luce delle ragioni enunciate dall'istante, gravato in tema di esecuzione - quando invoca l'applicazione della disciplina del reato continuato - non da un onere probatorio, ma dall'onere di allegare, e cioè di prospettare e indicare elementi specifici e concreti a sostegno dell'istanza, incombendo, invece, all'autorità giudiziaria il compito di procedere ai relativi accertamenti, ai sensi dell'articolo 666 c.p.p., comma 5, e dell'articolo 186 disp. att. c.p.p.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IASILLO Adriano - Presidente

Dott. FIORDALISI Domenico - rel. Consigliere

Dott. BIANCHI Michele - Consigliere

Dott. MANCUSO Luigi F. - Consigliere

Dott. CENTOFANTI Francesco - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l'ordinanza del 26/10/2017 del GIP TRIBUNALE di CUNEO;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. FIORDALISI DOMENICO;
lette le conclusioni del P.G.;
Il Procuratore Generale, Dott. SPINACI Sante, chiede l'annullamento dell'ordinanza impugnata con rinvio al gip del tribunale di Cuneo per nuovo esame.
RITENUTO IN FATTO
1. (OMISSIS) ricorre avverso l'ordinanza del 26 ottobre 2017 con la quale il G.i.p. del Tribunale di Cune…

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