Il giudicato cautelare formatosi all'esito dell'esaurimento dei mezzi di impugnazione previsti dalla legge ha efficacia preclusiva endoprocessuale, impedendo la riproposizione delle stesse questioni già decise, salvo che non siano intervenuti elementi nuovi o sopravvenuti che giustifichino una rinnovata valutazione. Il mutamento di indirizzo giurisprudenziale successivo alla formazione del giudicato cautelare non costituisce un fatto nuovo idoneo a consentire la sollecitazione di un riesame della questione già risolta, in quanto l'effetto preclusivo non può essere rimosso dal sopravvenire di un indirizzo giurisprudenziale minoritario, diverso da quello seguito dall'ordinanza che ha già deciso la questione controversa. Il principio di estensione degli effetti dell'impugnazione accolta, previsto dall'art. 587 c.p.p., opera nell'ambito del processo di cognizione volto all'accertamento della responsabilità penale, ma trova dei limiti nella materia cautelare, in quanto la frammentazione dei procedimenti incidentali consente una diversità di valutazioni e decisioni che, avendo natura provvisoria e strumentale, impedisce l'applicabilità di tale principio.