L'atto endoprocedimentale, adottato nel corso di un procedimento amministrativo, non è autonomamente impugnabile in quanto non costituisce la conclusione del procedimento, la quale avverrà soltanto con l'emanazione del provvedimento finale che statuisce sulle posizioni soggettive in cui si imbatte e le immuta opportunamente. Gli atti endoprocedimentali, infatti, non determinano l'arresto del procedimento in corso e non sono idonei a generare lesione, pertanto non sono impugnabili per difetto di interesse a ricorrere. Ciò vale anche nel caso in cui l'amministrazione, a seguito dell'annullamento in sede giurisdizionale di un precedente diniego, riapra l'istruttoria di un'istanza di trasferimento ex art. 33, comma 5, L. 104/1992 e richieda al dipendente l'integrazione della documentazione necessaria alla concessione del beneficio, in quanto tale atto non costituisce la conclusione del procedimento e non determina un definitivo arresto procedimentale, essendo inidoneo a ledere la situazione soggettiva azionata. Pertanto, il ricorso avverso un siffatto atto endoprocedimentale deve essere dichiarato inammissibile per difetto di interesse a ricorrere.