Il diritto di critica sindacale, quale modalità di esercizio della libertà di manifestazione del pensiero costituzionalmente tutelata, consente l'utilizzo di un linguaggio anche aspro, forte e pungente, purché nel rispetto del limite della continenza formale, ossia senza ricorrere a espressioni gravemente infamanti o inutilmente umilianti che trascendano dal contesto della vicenda concreta per assumere le connotazioni di una valutazione di discredito in termini generali della persona criticata. Pertanto, le affermazioni contenute in un volantino sindacale, anche se fortemente polemiche e sarcastiche nei confronti di un funzionario pubblico, non integrano gli estremi della diffamazione qualora siano dirette a criticare esclusivamente l'operato professionale del soggetto passivo, senza attacchi gratuiti alla sua persona o alla sua dignità morale, intellettuale e privata. Il diritto di critica sindacale, infatti, consente di esprimere un dissenso motivato, manifestato in termini misurati e necessari, su questioni di interesse per i lavoratori rappresentati dal sindacato, anche quando le censure sull'operato del funzionario siano già state oggetto di valutazioni negative da parte di altre autorità istituzionali.