Cassazione penale Sez. V sentenza n. 35013 del 20 agosto 2015

ECLI:IT:CASS:2015:35013PEN

Massima

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Il potere gerarchico o di sovraordinazione non legittima l'utilizzo di espressioni offensive e mortificanti della dignità personale del lavoratore dipendente, le quali, pur censurandone il comportamento, travalicano i limiti della correttezza e del rispetto della persona, traducendosi in un attacco personale sulla sua figura morale. Tali espressioni, anche se pronunciate in un contesto di alterazione psicologica dovuta all'atteggiamento poco professionale del dipendente, integrano gli estremi dell'illecito civile di ingiuria, in quanto idonee a ledere l'onore e la reputazione del soggetto passivo, andando oltre la mera critica della condotta e investendo la sua persona. Il giudice, nel valutare la sussistenza dell'illecito, deve pertanto verificare se le parole utilizzate, pur muovendo da un contesto di conflittualità lavorativa, abbiano assunto una valenza offensiva della dignità individuale, oltrepassando i limiti del legittimo esercizio del potere direttivo e disciplinare.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VESSICHELLI Maria - Presidente

Dott. PEZZULLO Rosa - Consigliere

Dott. SETTEMBRE Antonio - Consigliere

Dott. DE MARZO Giuseppe - Consigliere

Dott. CAPUTO Angel - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) N. il (OMISSIS) quale parte civile;

nel procedimento penale c/:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 58/2009 TRIBUNALE di CATANIA, del 08/05/2013;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/06/2015 la relazione fatta dal Consigliere Dott. CAPUTO ANGELO;

Udito il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione Dott. DELEHAYE E., che ha concluso per l'annullam…

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