Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, ha stabilito che affinché un bene appartenente al patrimonio di un ente pubblico possa essere qualificato come bene patrimoniale indisponibile, ai sensi dell'art. 826, comma 3, c.c., è necessario il concorso di due requisiti: 1) la manifestazione di volontà dell'ente titolare del diritto reale pubblico, desumibile da un espresso atto amministrativo, di destinare quel determinato bene ad un pubblico servizio; 2) l'effettiva ed attuale destinazione del bene al pubblico servizio. In assenza di tali requisiti, il bene deve essere qualificato come patrimonio disponibile dell'ente pubblico, con la conseguenza che l'amministrazione non può avvalersi dei poteri di autotutela esecutiva previsti per i beni demaniali e patrimoniali indisponibili, ma deve ricorrere agli strumenti ordinari di tutela della proprietà e del possesso previsti dal codice civile. Pertanto, la mera previsione di destinazione del bene a finalità di pubblico interesse nell'atto di trasferimento del bene, senza la concreta realizzazione di tale destinazione da parte dell'ente proprietario, non è sufficiente a qualificare il bene come patrimonio indisponibile.