Il ricorso diretto per cassazione avverso l'ordinanza che rigetta la richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere è inammissibile, in quanto la norma di cui all'art. 311, comma 2, c.p.p. consente tale ricorso solo per le ordinanze che dispongono una misura coercitiva, mentre per gli altri provvedimenti che intervengono a seguito di richiesta di modifica della misura non è previsto alcun rimedio impugnatorio diretto. Tuttavia, l'impugnazione può essere qualificata come appello ai sensi dell'art. 568, comma 5, c.p.p. e gli atti devono essere trasmessi al Tribunale competente per l'appello ai sensi dell'art. 309, comma 7, e 310 c.p.p., ferma restando la mancata rimessione in libertà del ricorrente, per la quale la cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all'art. 94, comma 1-ter, disp. att. c.p.p. Il principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione mira a garantire il diritto di impugnazione del provvedimento cautelare, pur entro i limiti previsti dalla legge, al fine di assicurare il rispetto del diritto di difesa e il controllo giurisdizionale sulle misure restrittive della libertà personale.