Il provvedimento amministrativo, anche se legittimamente adottato, può essere successivamente annullato in autotutela dall'amministrazione procedente qualora emergano errori o vizi nella sua emanazione, senza che ciò comporti la declaratoria di improcedibilità del ricorso giurisdizionale proposto avverso il medesimo provvedimento. L'annullamento in autotutela determina infatti la sopravvenuta carenza di interesse alla decisione del ricorso, imponendo al giudice amministrativo di dichiararne l'improcedibilità. In tali casi, sussistendo giustificate ragioni, le spese del giudizio possono essere compensate tra le parti. Il principio di diritto che emerge dalla sentenza è che l'amministrazione può sempre riesaminare i propri atti in autotutela, anche quando siano stati impugnati in sede giurisdizionale, al fine di correggere eventuali errori o vizi riscontrati, senza che ciò pregiudichi la posizione del ricorrente. L'annullamento in autotutela determina la sopravvenuta carenza di interesse alla decisione del ricorso, imponendo al giudice di dichiararne l'improcedibilità, con possibile compensazione delle spese di giudizio. Tale potere di riesame e correzione degli atti amministrativi in autotutela rappresenta un corollario del principio di legalità e buon andamento dell'azione amministrativa, consentendo alle pubbliche amministrazioni di rimuovere tempestivamente i propri provvedimenti affetti da vizi o errori, nell'ottica di una maggiore efficienza e correttezza dell'attività amministrativa.