Il pubblico ufficiale che nell'esercizio delle sue funzioni forma atti pubblici dotati di fede privilegiata ai sensi dell'art. 476 c.p., comma 2, commette il reato di falso ideologico qualora attesti come veri fatti di cui abbia avuto diretta percezione o che abbia direttamente compiuto, quando invece tali fatti sono falsi o non corrispondenti al vero. Perché ricorra tale ipotesi aggravata di falso, non è sufficiente che l'atto sia formato da un pubblico ufficiale nell'esercizio di una funzione pubblica di attestazione, ma è necessario che la falsità investa specificamente i fatti che il pubblico ufficiale riferisca come visti, uditi o direttamente da lui compiuti, non essendo invece sufficiente che l'atto contenga anche elementi valutativi o dichiarazioni di terzi. La mera provenienza dell'atto da un pubblico ufficiale o la sua idoneità a provare determinati fatti non è di per sé sufficiente a integrare il reato di cui all'art. 476 c.p., comma 2, dovendosi verificare il contenuto specifico dell'attestazione del pubblico ufficiale.