Cassazione penale Sez. II sentenza n. 10943 del 22 marzo 2010

ECLI:IT:CASS:2010:10943PEN

Massima

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Il reato di estorsione può configurarsi anche quando l'agente, pur non essendo titolare del diritto vantato, agisce nell'interesse esclusivo del soggetto legittimato, purché persegua altresì un proprio ingiusto profitto. In tal caso, il giudice è tenuto a verificare l'eventuale convinzione dell'imputato di far valere una pretesa legittima, senza poter escludere in radice la configurabilità del reato sulla base di un'erronea premessa di diritto. Pertanto, il giudice di merito, ferma la natura minatoria della condotta, deve accertare l'elemento psicologico del reato, valutando se l'imputato abbia agito nella convinzione di far valere una pretesa legittima, ovvero al fine di conseguire un ingiusto profitto, anche nell'interesse di un terzo. Solo in quest'ultimo caso potrà configurarsi il delitto di estorsione.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BARDOVAGNI Paolo - Presidente

Dott. NUZZO Laurenza - Consigliere

Dott. FUMU Giacomo - Consigliere

Dott. DAVIGO Piercamillo - Consigliere

Dott. IASILLO Adriano - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Ro. An. , n. (OMESSO);

Fi. Ve. , n. (OMESSO);

avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli in data 15.11.2007;

Visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;

Udita in pubblica udienza la relazione svolta dal consigliere Dott. FUMU Giacomo;

Udita la requisitoria del pubblico ministero rappresentato dal s.p.g. Dott. RIELLO Luigi che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Ro. An. e Fi. Ve. …

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