Il falso ideologico commesso in atti amministrativi, pur essendo astrattamente idoneo a ledere la pubblica fede, non integra il reato di cui all'art. 480 c.p. (falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atti pubblici) qualora l'infedele attestazione o alterazione risulti del tutto irrilevante ai fini del significato e della funzione documentale dell'atto, non esplicando effetti sulla sua capacità probatoria. Pertanto, ai fini dell'integrazione del reato, non rileva lo scopo perseguito dall'agente con l'atto falso, bensì l'effettiva idoneità della condotta a ledere l'interesse tutelato dalla genuinità dei documenti pubblici, ossia la pubblica fede. Il giudice deve quindi accertare, con riferimento a ciascun atto falso contestato, se l'infedele attestazione o alterazione abbia inciso sulla funzione documentale che l'atto è chiamato a svolgere, valutando in concreto la sua idoneità a conseguire uno scopo antigiuridico, a prescindere dall'uso effettivamente fatto dell'atto falso.