Cassazione civile Sez. Lavoro sentenza n. 14206 del 5 giugno 2013

ECLI:IT:CASS:2013:14206CIV

Massima

Massima ufficiale
In tema di comportamenti datoriali discriminatori, l'art. 40 del d.lgs. 11 aprile 2006, n. 198 - nel fissare un principio applicabile sia nei casi di procedimento speciale antidiscriminatorio che di azione ordinaria, promossi dal lavoratore ovvero dal consigliere di parità - non stabilisce un'inversione dell'onere probatorio, ma solo un'attenuazione del regime probatorio ordinario, prevedendo a carico del soggetto convenuto, in linea con quanto disposto dall'art. 19 della Direttiva CE n. 2006/54 (come interpretato da Corte di Giustizia Ue 21 luglio 2011, C-104/10), l'onere di fornire la prova dell'inesistenza della discriminazione, ma ciò solo dopo che il ricorrente abbia fornito al giudice elementi di fatto, desunti anche da dati di carattere statistico, relativi ai comportamenti discriminatori lamentati, purché idonei a fondare, in termini precisi (ossia determinati nella loro realtà storica) e concordanti (ossia fondati su una pluralità di fatti noti convergenti nella dimostrazione del fatto ignoto), anche se non gravi, la presunzione dell'esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori in ragione del sesso. (Nel caso di specie, ove una dipendente di un istituto di credito aveva lamentato di essere stata discriminata nella progressione di carriera, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva accolto la domanda, ed ha ritenuto non soddisfatto l'onere probatorio, pur attenuato, gravante sulla ricorrente, reputando insufficiente a far presumere la discriminazione indiretta la produzione di due interpellanze parlamentari e di un parere interlocutorio del collegio istruttorio del Comitato nazionale di parità e pari opportunità, in quanto fonti prive dell'attendibilità scientifica richiesta dalla norma con il riferimento a dati statistici e - rispettivamente - dell'indicazione dei criteri di rilevazione dei dati posti a base della valutazione espressa).

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