La risoluzione di una convenzione urbanistica stipulata tra un Comune e i privati proprietari di terreni, disposta dall'Amministrazione comunale ai sensi dell'art. 11, comma 4, della legge n. 241/1990, senza prevedere alcun ristoro economico in favore dei privati, è legittima qualora tale provvedimento costituisca mera attuazione di precedenti atti amministrativi, già oggetto di scrutinio giurisdizionale e ritenuti legittimi, in cui non era stata prevista alcuna forma di indennizzo. In tali casi, infatti, il pregiudizio lamentato dai privati è causalmente riconducibile ai pregressi provvedimenti, rispetto ai quali il principio del ne bis in idem impedisce una nuova valutazione della legittimità e della spettanza di un risarcimento. Inoltre, la partecipazione dei privati al procedimento amministrativo che ha condotto all'adozione del provvedimento di risoluzione della convenzione urbanistica, anche attraverso il coinvolgimento dei loro legali di fiducia, esclude la violazione del principio di partecipazione di cui agli artt. 7 e ss. della legge n. 241/1990, non essendo emersi elementi di novità tali da poter condurre l'Amministrazione ad una diversa valutazione della posizione dei privati. Infine, la restituzione dei terreni ai privati lottizzanti costituisce un passaggio logico-giuridico e fattuale necessario per dare piena ed effettiva attuazione all'annullamento del piano particolareggiato e alla risoluzione della convenzione urbanistica, precedentemente disposti dall'Amministrazione comunale.