La confisca di prevenzione può essere disposta nei confronti di soggetti ritenuti pericolosi ai sensi dell'art. 1, lett. b) del d.lgs. n. 159 del 2011, a condizione che il giudice accerti, sulla base di specifici elementi di fatto, che il proposto: a) si sia reso autore di delitti commessi abitualmente in un significativo arco temporale; b) abbia tratto profitto da tali delitti; c) tale profitto costituisca, o abbia costituito in una determinata epoca, l'unica o quantomeno una rilevante fonte di reddito per il medesimo. Il giudizio sulla persistenza della condizione di pericolosità successivamente alla pronuncia della Corte costituzionale n. 24 del 2019 deve essere effettuato attraverso lo strumento della revocazione previsto dall'art. 28 del d.lgs. n. 159 del 2011, e non mediante l'incidente di esecuzione, in quanto il procedimento di prevenzione è caratterizzato da un sistema di rimedi post-giudicato "speciale" e diverso da quello penale. Il giudizio di revocazione implica una analitica rivalutazione delle prove, funzionale alla verifica della possibile classificazione della pericolosità generica nell'archetipo descritto dalla lettera b) dell'art. 1 del d.lgs. n. 159 del 2011, e non si risolve in una mera "presa d'atto" dell'intervento caducatorio della Corte costituzionale. La confisca di prevenzione non richiede il nesso di derivazione del bene con l'attività illecita che contribuisce a definire la condizione di pericolosità, essendo sufficiente la sproporzione del patrimonio rispetto ai proventi di derivazione lecita.