La natura pertinenziale di un'opera edilizia, ai fini urbanistici, non è riconducibile alla nozione civilistica di pertinenza, ma richiede la valutazione delle caratteristiche dell'opera in sé sotto il profilo dell'autonomo impatto urbanistico sul territorio. La pertinenza urbanistica è ammessa solo per opere di modesta entità ed accessorie rispetto all'opera principale, prive di autonomo valore di mercato e che non comportino carico urbanistico. Pertanto, la realizzazione di un nuovo volume, su un'area diversa ed ulteriore rispetto a quella già occupata dal precedente edificio, ovvero di qualsiasi opera, come ad esempio una tettoia, che ne alteri la sagoma, non può essere qualificata come pertinenziale, ma è soggetta al regime del permesso di costruire. Ciò vale anche per opere stagionali, destinate al soddisfacimento di esigenze ricorrenti, in quanto indicative della stabilità dell'attività e dell'opera a ciò destinata, a prescindere dalla loro amovibilità o dal carattere stagionale dell'uso. Ai fini della qualificazione di un'opera come precaria, rileva non tanto la tipologia dei materiali utilizzati o le caratteristiche costruttive, quanto piuttosto la sua destinazione al soddisfacimento di esigenze durevoli, stabili e permanenti nel tempo. Pertanto, la realizzazione di una struttura di rilevanti dimensioni, funzionalmente destinata al servizio di un'attività commerciale di ristorazione svolta in via continuativa, non può essere considerata opera precaria, ma è soggetta al regime del permesso di costruire, a prescindere dalla circostanza che in passato fosse stata rilasciata un'autorizzazione per un'opera analoga.