Cassazione civile Sez. III sentenza n. 22791 del 26 settembre 2018

ECLI:IT:CASS:2018:22791CIV

Massima

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La diffamazione a mezzo stampa, per integrare l'illecito civile ai sensi dell'art. 2043 c.c., non richiede necessariamente l'accertamento del dolo del giornalista, essendo sufficiente la mera colpa, ovvero la leggerezza o superficialità nell'uso di espressioni lesive della reputazione altrui. Tuttavia, perché possa ritenersi integrato l'illecito diffamatorio, è necessario che la comunicazione abbia l'attitudine oggettiva a rendere individuabile il soggetto diffamato, sulla base di elementi che, ancorché non univoci, siano tali da far convergere l'offesa su un determinato individuo. Il mero riferimento al nome e cognome, in assenza di ulteriori elementi identificativi, non è di per sé sufficiente a integrare tale requisito, dovendosi escludere che la semplice ipotesi di conoscenti dell'offeso di poter identificare quest'ultimo possa valere ad attribuire alla notizia l'efficacia individualizzante di cui essa era oggettivamente priva.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. OLIVIERI Stefano - Presidente

Dott. SCODITTI Enrico - Consigliere

Dott. IANNELLO Emilio - rel. Consigliere

Dott. POSITANO Gabriele - Consigliere

Dott. FANTICINI Giovanni - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 2630/2015 R.G. proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall'Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto presso il suo studio in (OMISSIS);
- ricorrente -
contro
(OMISSIS), e (OMISSIS) S.r.l., rappresentati e difesi dall'Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto presso il suo studio in (OMISSIS);
- ricorrenti incidentali -
avverso la sentenza della Corte d'appello di Roma, n. 706/15, depositata il 23 settembre 2015;
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 10 apr…

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