Il reimpiego di denaro di provenienza illecita, anche attraverso l'intestazione fittizia di società, integra il delitto di riciclaggio, aggravato dall'agevolazione di attività mafiose, qualora emerga che il denaro sia stato investito in attività economiche gestite di fatto da soggetti contigui alla criminalità organizzata, i quali ne abbiano curato gli interessi e le dinamiche gestionali, anche attraverso condotte intimidatorie nei confronti degli intestatari formali. In tali casi, la presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari, derivante dalla contestazione dell'aggravante mafiosa, può essere superata solo dalla prova, offerta dall'interessato, di elementi da cui desumere l'affievolimento o la cessazione di ogni esigenza cautelare. Il giudice, pertanto, è tenuto a motivare in modo adeguato e logico la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari, senza che sia consentita una mera rilettura alternativa delle risultanze investigative.