La clausola di gradimento statutaria, volta a sottoporre all'approvazione della maggioranza dei soci non alienanti l'ingresso di un nuovo socio, non può essere interpretata in modo da impedire tout court l'alienazione delle azioni da parte di tutti i soci, in quanto ciò produrrebbe un risultato paradossale e contrario all'intenzione dei soci che l'hanno adottata. L'interpretazione della clausola di gradimento deve pertanto essere coerente con la finalità di consentire il controllo sull'identità del nuovo socio da parte della maggioranza, senza tuttavia ostacolare la libera circolazione delle partecipazioni sociali quando questa sia voluta dalla stessa maggioranza. Inoltre, l'assunzione della qualità di socio a seguito di un lodo arbitrale che abbia dato esecuzione in forma specifica all'obbligo di concludere il contratto di compravendita delle azioni non è soggetta al requisito del gradimento previsto dalla clausola statutaria, in quanto non discende da una delibera assembleare. Infine, la mancata tempestiva impugnazione di una delibera viziata non determina la sanatoria del vizio anche per le successive delibere affette dallo stesso vizio, essendo necessario impugnare ciascuna di esse entro il termine di decadenza.