Il ricorso giurisdizionale amministrativo diviene improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse della parte ricorrente, in applicazione degli artt. 35, comma 1, lett. c) e 85, comma 9 del codice del processo amministrativo. Tale improcedibilità comporta la declaratoria di cessazione della materia del contendere, senza necessità di pronunciarsi nel merito della controversia, e la compensazione delle spese di lite qualora nessuna delle parti si sia costituita in giudizio. Il principio di diritto affermato dalla sentenza è che il venir meno dell'interesse della parte ricorrente, sopravvenuto nel corso del giudizio, determina l'improcedibilità del ricorso, con conseguente estinzione del processo senza alcuna pronuncia sul merito della controversia e senza regolazione delle spese, in applicazione della disciplina processuale vigente. Tale principio si fonda sulla natura strumentale del processo amministrativo, volto alla tutela di situazioni giuridiche soggettive, e sulla necessità di evitare pronunce meramente dichiarative in assenza di un interesse concreto ed attuale alla decisione. La massima riflette altresì il principio di economia processuale, in base al quale il giudice deve evitare di pronunciarsi su questioni divenute prive di rilievo a seguito del venir meno dell'interesse della parte ricorrente. Essa costituisce un consolidato orientamento giurisprudenziale, volto a garantire l'efficienza e la ragionevole durata del processo amministrativo, in conformità ai principi costituzionali e sovranazionali.