Il dolo d'omicidio può essere desunto da elementi oggettivi, quali la natura del mezzo usato, le parti del corpo attinte, la pluralità dei colpi inferti e la posizione dei corpi, che assumono valenza sintomatica per la prova della volontà omicida, anche in assenza di una esplicita ammissione dell'imputato. Le dichiarazioni testimoniali rese nell'immediatezza dei fatti, seppur non prive di marginali discrepanze, hanno valore probatorio prevalente rispetto a quelle successive, in quanto meno esposte a imprecisioni e confusioni dovute al trascorrere del tempo e all'assenza di un'adeguata prospettazione di punti di riferimento. Il giudice di merito, nel valutare la credibilità dei testimoni, deve tenere conto del contesto in cui si sono svolti i fatti, come il timore di ritorsioni in ambienti criminali, senza che ciò infici necessariamente l'attendibilità delle dichiarazioni rese. La consulenza medico-legale, che esclude la compatibilità delle lesioni con movimenti difensivi e ne afferma la natura offensiva, costituisce elemento di prova decisivo per l'accertamento del dolo d'omicidio.