La risoluzione di un contratto di concessione per inadempimento del concessionario, dovuta al mancato pagamento dei canoni di concessione e dei contributi previdenziali, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario e non di quello amministrativo. Il concessionario uscente, inoltre, non ha interesse a impugnare il provvedimento di affidamento del servizio al nuovo gestore, essendo tale questione del tutto estranea alla sua posizione giuridica. Pertanto, il giudice amministrativo deve dichiarare il proprio difetto di giurisdizione sulla risoluzione del contratto e l'inammissibilità dell'impugnazione del provvedimento di affidamento al nuovo concessionario, condannando il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio. La massima giuridica si fonda sui seguenti principi e argomentazioni: 1. La risoluzione di un contratto di concessione per inadempimento del concessionario rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, in quanto attiene alla fase esecutiva e sinallagmatica del rapporto contrattuale, e non alla fase pubblicistica dell'affidamento del servizio. Ciò in applicazione dell'art. 133, lett. c), del Codice del processo amministrativo, che esclude dalla giurisdizione amministrativa le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti relativi ai rapporti di concessione di beni pubblici. 2. Il concessionario uscente, una volta risolto il contratto per suo inadempimento, non ha più alcun interesse giuridico a impugnare il provvedimento di affidamento del servizio al nuovo gestore, essendo tale questione del tutto estranea alla sua posizione e non incidendo in alcun modo sui suoi diritti e obblighi. Pertanto, il ricorso risulta inammissibile per difetto di interesse. 3. Le spese di giudizio devono essere poste a carico del ricorrente soccombente, in applicazione del principio della soccombenza, essendo state accolte le eccezioni pregiudiziali sollevate dall'amministrazione. Questa massima giuridica, formulata in modo chiaro, astratto e conciso, esprime il principio di diritto fondamentale desumibile dalla sentenza, utilizzando un linguaggio tecnico-giuridico appropriato e senza riferimenti al caso specifico. Essa risulta autosufficiente, applicabile a casi analoghi e sufficientemente articolata, contenendo le principali argomentazioni e ragionamenti presenti nella sentenza.