Cassazione penale Sez. II sentenza n. 8340 del 25 febbraio 2019

ECLI:IT:CASS:2019:8340PEN

Massima

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Il reato di tentata estorsione si configura quando la condotta dell'agente, pur non essendo materialmente realizzata, risulta idonea a coartare la volontà della persona offesa, prospettandole un male certo e realizzabile, a prescindere che tale male sia reale o meramente immaginario. Ciò che rileva è l'effetto coercitivo esercitato sulla vittima, la quale si trova nella ineluttabile alternativa di subire il male minacciato o di far conseguire all'agente il profitto ingiusto. La qualificazione giuridica del fatto come tentata estorsione, anziché tentata truffa, dipende dalla modalità di atteggiarsi della condotta lesiva e dalla sua incidenza sulla sfera soggettiva della vittima. Mentre nella truffa il male viene ventilato come possibile ed eventuale, senza provenire direttamente dall'agente, nell'estorsione il male viene indicato come certo e realizzabile ad opera del reo o di altri, coartando così la volontà della persona offesa. Ai fini della configurabilità dell'aggravante di cui all'art. 7 del d.l. n. 152 del 1991, non è necessario l'effettivo inserimento o la contiguità degli imputati con l'associazione mafiosa, essendo sufficiente che la condotta si sia manifestata con le forme di prevaricazione tipiche del potere mafioso, avvalendosi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva. Rilevano quindi le modalità della condotta, il contesto in cui essa si inserisce e l'accreditamento degli imputati quali soggetti in grado di garantire il pagamento di matrice mafiosa. Parimenti, l'aggravante di cui all'art. 628, comma 3, n. 1 c.p. è configurabile quando emerga la presenza simultanea degli imputati e la loro comune condotta tesa a convincere la vittima a versare la somma richiesta, a prescindere da eventuali dissensi interni tra di loro, atteso che ciò che rileva è la concreta modalità di realizzazione della minaccia.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMMINO Matilde - Presidente

Dott. FILIPPINI Stefano - Consigliere

Dott. BELTRANI Sergio - Consigliere

Dott. PACILLI Giuseppina A. R - Consigliere

Dott. MONACO Marco Mari - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS) nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 10/04/2018 della CORTE APPELLO di PALERMO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere MONACO MARCO MARIA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COCOMELLO ASSUNTA che ha concluso per il rigetto dei ricorsi.
udito il difensore, avv. (OMISSIS), che si riporta per entrambi i ricorrenti ai motivi.
RITENUTO IN FATTO

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