Il diritto all'interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali, sancito dall'articolo 143 del codice di procedura penale, è una garanzia costituzionale a tutela del fondamentale diritto di difesa e di partecipazione dell'imputato alloglotta al processo. Tuttavia, tale diritto spetta esclusivamente all'imputato che non conosca la lingua italiana e non anche al suo difensore, in quanto la traduzione della sentenza e dell'avviso di deposito costituiscono diritti personali dell'imputato finalizzati a consentirgli l'esercizio autonomo del potere di impugnazione. La mancata deduzione di tale violazione nei motivi di appello, inoltre, comporta l'inammissibilità del ricorso per cassazione, trattandosi di una nullità a regime intermedio non rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento. Pertanto, il giudice di legittimità non è tenuto a disporre l'annullamento della sentenza per la mancata traduzione, qualora il vizio non sia stato tempestivamente dedotto nelle precedenti fasi del giudizio.