Il provvedimento di revoca di contributi e sovvenzioni pubblici, qualora sia fondato sull'inadempimento degli obblighi assunti dal beneficiario per ottenere il beneficio, non rientra nel generale potere di autotutela pubblicistica dell'amministrazione, bensì nello speciale potere di autotutela privatistica, con il quale l'amministrazione, nell'ambito di un rapporto ormai paritetico, fa valere le conseguenze derivanti dall'inadempimento del privato. Pertanto, le contestazioni relative all'esercizio di tale forma di autotutela non sono devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo, bensì a quella del giudice ordinario, in quanto l'atto di revoca si ricollega alla sopravvenienza di un fatto cui la legge ricollega l'effetto di determinare la decadenza dal diritto di godere del beneficio, trovando ragione non già in una rinnovata ponderazione tra l'interesse pubblico e quello privato, ma nell'inadempimento degli obblighi imposti al beneficiario. Ne consegue che, in tali ipotesi, il giudice amministrativo deve dichiarare l'inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione, fatti salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda se il processo è riproposto innanzi al giudice ordinario entro il termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della pronuncia di declinatoria della giurisdizione.