Il possesso di un bene proveniente da reato, in assenza di una plausibile spiegazione circa le modalità di acquisizione, integra il reato di ricettazione, anche in assenza della prova della conoscenza delle specifiche circostanze del delitto presupposto, essendo sufficiente la consapevolezza della generica provenienza delittuosa del bene. Il dolo di ricettazione può essere desunto dalla mancata o insufficiente indicazione della provenienza del bene, nonché dalla condotta complessiva dell'imputato, come l'utilizzo di una scheda telefonica a lui intestata. Le dichiarazioni spontanee rese dall'indagato ai sensi dell'art. 350, comma 7, c.p.p. sono pienamente utilizzabili ai fini della prova, in quanto acquisite in sede di giudizio abbreviato e sottoscritte dall'imputato. Il giudice di merito gode di ampio margine di discrezionalità nella valutazione delle prove e della credibilità delle dichiarazioni dell'imputato, la cui decisione è incensurabile in sede di legittimità, salvo vizi logici, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione.