Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza può essere così formulato: In materia di reati concernenti le sostanze stupefacenti, quando le diverse condotte illecite, pur riconducibili alle fattispecie di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, sono ontologicamente, cronologicamente e psicologicamente distinte, esse costituiscono distinti reati che concorrono materialmente tra loro, senza dar luogo al divieto di bis in idem di cui all'art. 649 c.p.p. Ciò in quanto, in presenza di più condotte riconducibili alla medesima disposizione normativa, l'unità del fatto concreto che integra contestualmente più azioni tipiche alternative comporta l'assorbimento delle condotte illecite minori nell'ipotesi più grave, mentre la diversità ontologica, cronologica e psicologica delle azioni tipiche dà luogo a un concorso materiale di reati, senza che possa operare il divieto di bis in idem. Pertanto, il giudice può legittimamente condannare il medesimo soggetto per più reati di cui all'art. 73 D.P.R. n. 309/1990, commessi in tempi diversi e aventi ad oggetto distinte condotte di detenzione e cessione di sostanze stupefacenti, senza incorrere nella violazione del principio del ne bis in idem.