Il reato di uso di atto falso (art. 489 c.p.) sussiste quando la falsificazione non è punibile perché commessa all'estero, in difetto della condizione di procedibilità rappresentata dalla richiesta del Ministro della Giustizia ex art. 10 c.p., e l'agente abbia fatto uso dell'atto nello Stato. Ai fini dell'integrazione del reato, è necessario che l'agente non abbia concorso nella falsità o che non si tratti di concorso punibile. Tale principio si applica anche ai casi in cui un soggetto straniero abbia esibito un passaporto contraffatto all'ingresso nello Stato, in assenza della condizione di procedibilità prevista dall'art. 10 c.p. La mancanza di tale condizione non esclude la punibilità dell'uso dell'atto falso ai sensi dell'art. 489 c.p., purché la falsificazione non sia stata commessa dallo stesso agente o non costituisca un concorso punibile. Il reato di uso di atto falso ex art. 489 c.p. sussiste, dunque, anche quando la falsificazione del documento sia stata realizzata all'estero, in assenza della richiesta del Ministro della Giustizia prevista dall'art. 10 c.p., e l'agente ne abbia fatto uso nel territorio dello Stato.