Cassazione penale Sez. V sentenza n. 24026 del 23 giugno 2010

ECLI:IT:CASS:2010:24026PEN

Massima

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Il reato di minaccia, di cui all'art. 612 c.p., richiede che la condotta sia oggettivamente idonea a incutere timore nella vittima, a prescindere dalla reazione soggettiva di quest'ultima. Tuttavia, il contesto in cui la minaccia è pronunciata, l'assenza di un concreto motivo per intimidire e la natura scherzosa delle espressioni utilizzate, possono escludere la sussistenza del reato, anche qualora il mezzo impiegato per minacciare sia astrattamente idoneo a suscitare paura. Pertanto, la valutazione della serietà della minaccia, effettuata dal giudice di merito sulla base di tali elementi contestuali, non è sindacabile in sede di legittimità, ove risulti congruamente motivata. Il reato di minaccia, infatti, non si configura quando le espressioni minacciose, pur oggettivamente idonee a incutere timore, siano pronunciate in un contesto tale da escludere la volontà dell'agente di limitare la libertà psichica della persona offesa.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CALABRESE Renato Luigi - Presidente

Dott. CARROZZA Arturo - Consigliere

Dott. FERRUA Giuliana - Consigliere

Dott. AMATO Alfonso - Consigliere

Dott. SCALERA Vito - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Procuratore Generale presso la Corte di appello di Catanzaro;

avverso la sentenza emessa il 9-7-09 dalla Corte di appello di Catanzaro;

nel procedimento a carico di:

Ci. Pa. , nato il (OMESSO);

Visti gli atti, la sentenza denunciata, il ricorso e la memoria difensiva;

Udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere Dott. Giuliana Ferrua;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procura…

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