Il dolo nella diffamazione richiede l'uso consapevole, da parte dell'agente, di parole ed espressioni socialmente interpretabili come offensive, adottate in base al significato oggettivo che esse assumono. Pertanto, ai fini della sussistenza dell'elemento soggettivo del reato di diffamazione, non è sufficiente il mero dolo generico, ma è necessario che l'imputato abbia agito con la coscienza e la volontà di utilizzare espressioni offensive, senza che rilevi la sua convinzione di agire nell'esercizio di una propria prerogativa professionale. Inoltre, la valutazione della natura offensiva della comunicazione deve tenere conto del contesto in cui essa è stata diffusa, considerando anche eventuali richieste o situazioni particolari della persona offesa che possano incidere sulla portata lesiva delle affermazioni. In caso di prescrizione del reato, l'annullamento della sentenza di condanna agli effetti penali non preclude il rinvio al giudice civile competente per la decisione sulle statuizioni civili.