Il cambio di destinazione d'uso di un immobile, senza il previo ottenimento del necessario titolo abilitativo, non integra di per sé una fattispecie di abuso edilizio sanzionabile con l'acquisizione del bene al patrimonio comunale. Infatti, la disciplina di cui agli artt. 7 e 8 della legge n. 47/1985, richiamata dall'amministrazione comunale per disporre il ripristino dello stato dei luoghi, presuppone la realizzazione di opere edilizie, circostanza che non ricorre nel caso di mera modifica della destinazione d'uso senza interventi costruttivi. In assenza di opere abusive, l'amministrazione non può procedere all'acquisizione coattiva dell'immobile, dovendo piuttosto adottare altri provvedimenti sanzionatori previsti dall'ordinamento, nel rispetto del principio di proporzionalità e del divieto di eccesso di potere. Il cambio di destinazione d'uso, pur costituendo una violazione urbanistica, non comporta automaticamente la demolizione dell'immobile o la sua acquisizione al patrimonio comunale, essendo necessario valutare la specifica situazione concreta e individuare la sanzione più adeguata, in base ai principi di ragionevolezza e di tutela dell'affidamento del privato.