Il sequestro preventivo di beni, anche formalmente intestati a terzi estranei al procedimento penale, è legittimo quando sussistono elementi che dimostrino il collegamento tra tali beni e le attività delittuose dell'indagato, in particolare quando risulti la fittizia intestazione a terzi e l'effettiva disponibilità dei beni da parte dell'indagato. Il giudice, nel valutare la sussistenza del fumus commissi delicti ai fini del sequestro preventivo, non deve procedere a un accertamento definitivo della responsabilità penale, ma deve limitarsi a verificare la configurabilità astratta del reato ipotizzato sulla base degli elementi probatori rappresentati, senza entrare nel merito della fondatezza dell'accusa. La motivazione del provvedimento di sequestro preventivo non può essere considerata meramente apparente, e quindi viziata per violazione di legge, se contiene un apparato argomentativo puntuale, coerente e privo di discrasie logiche, idoneo a rendere intelligibile l'iter logico-giuridico seguito dal giudice, anche se tale motivazione potrebbe essere censurata sul piano della razionalità, vizio che tuttavia non rileva in sede di legittimità.