Cassazione penale Sez. I sentenza n. 19651 del 26 aprile 2017

ECLI:IT:CASS:2017:19651PEN

Massima

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Il reato di rivelazione di segreti d'ufficio di cui all'art. 326 c.p. è integrato dalla divulgazione consapevole, da parte di un pubblico ufficiale, di notizie coperte da segreto investigativo, a prescindere dalle concrete finalità che hanno animato la condotta dell'agente, essendo sufficiente la volontà di rendere nota la notizia appresa per ragioni d'ufficio. Tuttavia, l'aggravante di cui all'art. 7 L. n. 203/1991, che prevede l'aumento di pena per il reato commesso al fine di agevolare l'attività di un'associazione mafiosa, richiede la prova rigorosa che l'autore del reato abbia agito con il dolo specifico di favorire l'operatività del sodalizio criminale, non essendo sufficiente la mera contestualità ambientale o la conoscenza, da parte dell'agente, dell'inserimento del destinatario della rivelazione nelle dinamiche della criminalità organizzata. Pertanto, in assenza di tale prova, l'aggravante non può essere riconosciuta, con conseguente incidenza sulla determinazione della misura cautelare applicabile.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VECCHIO Massimo - Presidente

Dott. SANDRINI Enrico G. - rel. Consigliere

Dott. TALERICO Palma - Consigliere

Dott. ESPOSITO Aldo - Consigliere

Dott. MINCHELLA Antonio - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), N. IL (OMISSIS);
avverso l'ordinanza n. 289/2016 TRIB. LIBERTA' di REGGIO CALABRIA, del 11/04/2016;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ENRICO GIUSEPPE SANDRINI;
sentite le conclusioni del PG Dott. BIRRITTERI Luigi, che chiede il rigetto del ricorso;
Udito il difensore avv. (OMISSIS), che chiede l'accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con ordinanza in data 11.04.2016 il…

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