Il reato di falso materiale in atto pubblico, di cui all'art. 476 c.p., è integrato dalla condotta di chi, nell'esercizio delle proprie funzioni pubbliche, attesta falsamente in un atto pubblico fatti di cui l'atto è destinato a provare la verità, anche in assenza di specifiche finalità illecite, essendo sufficiente il dolo generico di voler rappresentare come veri fatti non corrispondenti al vero. La mera circostanza che gli accertamenti sanitari effettuati abbiano dato esito negativo e che non sia stata riscontrata alcuna irregolarità nell'allevamento non esclude la configurabilità del reato, in quanto il falso materiale si consuma con la redazione dell'atto pubblico contenente le false attestazioni, a prescindere dalle conseguenze che ne derivano. Pertanto, il veterinario che, nell'ambito di controlli sanitari, redige certificati attestando falsamente di aver effettuato prelievi di campioni biologici su capi di bestiame diversi da quelli effettivamente sottoposti ad analisi, integra il reato di falso materiale in atto pubblico, a prescindere dalla finalità perseguita e dagli esiti degli accertamenti successivamente svolti.