Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 10766 del 16 marzo 2011

ECLI:IT:CASS:2011:10766PEN

Massima

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Il reato di omissione di atti di ufficio si consuma nel momento in cui il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio si rifiuta indebitamente di compiere un atto del proprio ufficio, senza che la protrazione ininterrotta di tale condotta omissiva possa configurare un autonomo reato. Pertanto, il termine di prescrizione del reato decorre dalla data in cui si è verificato il rifiuto, senza che assumano rilevanza eventuali successivi solleciti per l'adempimento dell'obbligo, i quali non danno luogo a nuove fattispecie delittuose. L'accertamento della qualifica pubblicistica dell'agente e dell'effettiva disponibilità della documentazione richiesta costituiscono elementi essenziali per la configurabilità del reato, la cui mancanza determina l'insussistenza dell'illecito penale. Inoltre, l'elemento soggettivo del reato deve essere adeguatamente motivato, non potendo essere escluso dalla mera giustificazione addotta dall'imputato per il proprio comportamento omissivo.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AGRO' Antonio - Presidente

Dott. SERPICO Francesco - Consigliere

Dott. ROTUNDO Vincenzo - Consigliere

Dott. FIDELBO Giorgio - Consigliere

Dott. CALVANESE Ersilia - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Pa. Pa. , nato a (OMESSO);

avverso la sentenza del 20/09/2010 della Corte di appello di Salerno;

visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. ((omissis));

udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dr. ((omissis)), che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

udito, per l'imputato il difensor…

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