Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è che l'affidamento diretto di servizi pubblici, senza previo espletamento di una procedura di gara, costituisce un'eccezione alla regola generale della concorrenza e della massima partecipazione, che deve essere applicata in modo rigoroso e tassativo nei soli casi espressamente previsti dalla legge. L'amministrazione non può ricorrere all'affidamento diretto per ragioni di mera economicità o di semplificazione procedurale, senza adeguata motivazione e senza dimostrare la sussistenza dei presupposti di legge. Inoltre, l'estensione dell'oggetto di un appalto già aggiudicato, mediante l'inclusione di ulteriori servizi o prestazioni non originariamente previsti, è consentita solo in presenza di circostanze imprevedibili e sopravvenute nel corso dell'esecuzione, e non può essere utilizzata per rimediare a omissioni o differenti valutazioni compiute dalla stazione appaltante in sede di definizione del fabbisogno. Il principio di rotazione degli inviti e degli affidamenti, di cui all'art. 36 del Codice dei contratti pubblici, non trova applicazione negli affidamenti di importo superiore alla soglia di rilevanza comunitaria, per i quali vige il generale obbligo di gara. L'operatore economico del settore, anche se non partecipante alla precedente procedura di gara, è legittimato a impugnare l'affidamento diretto, in quanto titolare di una posizione giuridica soggettiva meritevole di tutela, lesa dall'illegittima esclusione dalla competizione.