Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 41306 del 11 ottobre 2023

ECLI:IT:CASS:2023:41306PEN

Massima

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Il dipendente di Poste Italiane S.p.A. che si appropria di fondi affidatigli nell'esercizio delle sue funzioni, quali la raccolta del risparmio postale per conto della Cassa Depositi e Prestiti, riveste la qualifica di incaricato di pubblico servizio e risponde pertanto del reato di peculato, in quanto tale attività, pur svolta da una società di diritto privato, presenta connotazioni pubblicistiche in ragione della sua strumentalità al perseguimento di compiti istituzionali di interesse generale, della specifica disciplina normativa che la regola e delle caratteristiche dei prodotti finanziari offerti, assistiti dalla garanzia dello Stato e la cui emissione e gestione è riservata in via esclusiva a Poste Italiane S.p.A. Il tentativo di riciclaggio si configura quando l'agente, consapevole della provenienza delittuosa dei beni, pone in essere atti idonei e non equivoci diretti in modo non equivoco a ostacolare l'identificazione della loro origine illecita, anche se l'obiettivo non viene raggiunto per cause indipendenti dalla sua volontà. Pertanto, il dipendente postale che tenta di riscuotere buoni fruttiferi postali provento di un furto, attivando una procedura finalizzata a ottenere l'autorizzazione al rimborso presso uffici postali diversi da quelli di apertura dei libretti, realizza il tentativo di riciclaggio, a prescindere dall'esito positivo o meno dell'operazione. Il reato di ricettazione sussiste anche quando l'agente, pur non essendo consapevole dell'origine delittuosa dei beni, omette di indicarne la provenienza, in quanto tale condotta è rivelativa della volontà di occultarne la illecita provenienza, logicamente spiegabile con un acquisto in malafede. Pertanto, il dipendente postale che riceve e utilizza buoni fruttiferi postali di cui conosce la provenienza illecita, risponde del reato di ricettazione. L'accesso abusivo a un sistema informatico protetto da misure di sicurezza si configura anche quando l'agente, pur essendo soggetto abilitato all'accesso in ragione delle sue funzioni, supera i limiti delle autorizzazioni ricevute, come nel caso del dipendente postale che utilizza le proprie credenziali per entrare nel sistema informatico aziendale e compiere operazioni illecite. Ai fini della concessione delle attenuanti generiche, il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall'art. 133 c.p., quello che ritiene prevalente e sufficiente a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, come nel caso in cui valorizzi la spregiudicatezza dimostrata dall'imputato nel piegare il proprio impiego pubblico a fini criminali per un lungo arco temporale.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI STEFANO Pierluigi - Presidente

Dott. RICCIARELLI Massimo - Consigliere

Dott. PACILLI G.A.R. - rel. Consigliere

Dott. DI GERONIMO Paolo - Consigliere

Dott. DI GIOVINE Ombretta - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 732/2022 emessa il 24 maggio 2022 dalla Corte di appello di Reggio Calabria;
Visti gli atti, la sentenza impugnata e i ricorsi;
udita nell'udienza del 6 luglio 2023 la relazione fatta dal ((omissis));
udita la requisitoria del ((omissis)), che ha concluso chiedendo di rigettare i ricorsi;
udito l'avv. (OMISSIS), difensore di (OMISSIS), che ha chiesto l'accoglimento del ricorso del su…

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