La minore gravità del fatto, quale circostanza attenuante del reato di violenza sessuale, non può essere riconosciuta sulla base di elementi soggettivi attinenti alla capacità a delinquere del reo, ma deve essere valutata esclusivamente in relazione al grado di lesione del bene giuridico tutelato, ossia la libertà sessuale della vittima. Pertanto, ai fini dell'applicazione dell'attenuante, rilevano unicamente i fattori oggettivi indicati nell'art. 133, comma 1, c.p., come le modalità della condotta, le condizioni psichiche della persona offesa e il grado di abuso commesso, senza che assumano rilievo le condizioni soggettive dell'imputato di cui al comma 2 del medesimo articolo. La minore gravità del fatto, che giustifica l'applicazione dell'attenuante, presuppone una condotta di abuso connotata da scarsa lesività del bene giuridico, laddove le concrete modalità della condotta e le condizioni psichiche della vittima possono essere indicative di una intrinseca gravità del fatto, tale da escludere il riconoscimento dell'attenuante.