Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: La realizzazione di opere edilizie, quali la pavimentazione di un'area in asfalto e calcestruzzo, la costruzione di manufatti in muratura (setto e rampa) e l'installazione di container adibiti a deposito/magazzino, in assenza dei necessari titoli abilitativi (permesso di costruire e segnalazione certificata di inizio attività) e in zona sottoposta a vincolo paesaggistico-ambientale, comporta l'applicazione della sanzione demolitoria e di rimessione in pristino stato, in quanto interventi di nuova costruzione che determinano una trasformazione permanente del suolo inedificato, funzionali all'attività produttiva del privato e non meramente temporanei. L'ordine di demolizione si configura come atto dovuto e vincolato, non necessitando di una motivazione ulteriore rispetto all'indicazione dei presupposti di fatto e all'individuazione e qualificazione degli abusi edilizi, in quanto l'attualità dell'interesse pubblico alla rimozione dell'abuso è in re ipsa, inerendo al ripristino dell'assetto urbanistico e paesaggistico violato. Ciò vale a maggior ragione quando le opere abusive sono realizzate in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, in ragione del preminente interesse pubblico alla tutela del paesaggio sancito dall'art. 9, comma 2, della Costituzione.