Il pubblico ufficiale che attesta falsamente di aver effettuato controlli e ispezioni in atti pubblici, pur non avendoli realmente eseguiti, integra il reato di falso ideologico in atto pubblico di cui all'art. 479 c.p., a prescindere dall'effettiva realizzazione di un controllo esterno dei luoghi, essendo sufficiente il dolo generico consistente nella rappresentazione e volontà dell'immutatio veri, senza che sia necessario l'animus nocendi o l'animus decipiendi. La qualità soggettiva dell'agente pubblico e le circostanze di tempo e luogo della vicenda non possono essere valorizzate per escludere la sussistenza dell'elemento psicologico del reato, atteso che il falso ideologico in atto pubblico è reato proprio del pubblico ufficiale che, in ragione della sua funzione, è tenuto a redigere atti veritieri. Inoltre, la condizione di incensuratezza dell'imputato non consente di per sé la concessione delle circostanze attenuanti generiche, dovendo il giudice valutare complessivamente la gravità della condotta tenuta da un pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni, anche in considerazione della sua qualità soggettiva.