Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 49367 del 9 dicembre 2013

ECLI:IT:CASS:2013:49367PEN

Massima

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Il reato di calunnia, essendo un reato doloso, richiede la prova che l'agente abbia avuto la consapevolezza e la volontà di accusare falsamente una persona innocente. Pertanto, il giudice deve accertare con adeguata motivazione se, al momento della denuncia, l'imputato si rappresentasse con certezza l'innocenza della persona accusata, non essendo sufficiente la mera negligenza o imprudenza nell'informarsi sulla fondatezza dell'accusa. L'errore di fatto, anche colposo, nell'apprezzamento della responsabilità dell'accusato esclude il dolo di calunnia, dovendo il giudice valutare la credibilità della tesi difensiva sulla buona fede dell'imputato. La condotta successiva di insistenza nell'accusa, pur potendo costituire un indizio di consapevolezza originaria della falsità, non è di per sé sufficiente a dimostrare il dolo, dovendosi accertare la rappresentazione soggettiva dell'imputato al momento della denuncia. Il giudice di rinvio dovrà quindi riesaminare la questione del dolo di calunnia con adeguata motivazione, senza presumere la consapevolezza della falsità dell'accusa sulla base di comportamenti successivi.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AGRO' Antonio - Presidente

Dott. IPPOLITO Frances - Consigliere

Dott. DI STEFANO P. - rel. Consigliere

Dott. APRILE Ercole - Consigliere

Dott. PATERNO' RADDUSA Benedet - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) n. (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 3139/2010 del 12/1/2012 della Corte d'appello di L'Aquila;

visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;

udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERLUIGI DI STEFANO;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. GABRIELE MAZZOTTA che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata;

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