Cassazione penale Sez. I sentenza n. 41994 del 26 settembre 2018

ECLI:IT:CASS:2018:41994PEN

Massima

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Il riconoscimento della continuazione tra il reato associativo di cui all'art. 416-bis c.p. e i reati-fine non può mai avvenire in modo automatico, ma richiede un'attenta valutazione da parte del giudice circa la sussistenza di un unitario programma criminoso, tenendo conto della natura del singolo reato-fine e del contesto storico in cui è maturato. In particolare, il giudice deve escludere la continuazione quando il reato-fine, pur essendo commesso nell'ambito dell'associazione, sia riconducibile a "vicende contingenti e sopravvenute" rispetto all'originario disegno criminoso, come nel caso di una scissione all'interno del sodalizio criminale che abbia determinato la commissione di un omicidio in un contesto di faida tra fazioni contrapposte. In tali ipotesi, il reato-fine non può ritenersi ricompreso nell'unitario programma criminoso dell'associazione, essendo maturato in un contesto peculiare e diverso rispetto a quello che ha determinato la costituzione del vincolo associativo.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SARNO Giulio - Presidente

Dott. CASA Filippo - Consigliere

Dott. MANCUSO ((omissis)) - Consigliere

Dott. MINCHELLA Antonio - Consigliere

Dott. COCOMELLO Assunta - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l'ordinanza del 30/11/2017 del Gip del Tribunale di Napoli;
sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa COCOMELLO Assunta;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa FILIPPI Paola, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Giudice delle indagini preliminari, in data 30/11/2017 rigettava l'istanza di riconoscimento della continuazione tra il reato di cui all'articolo 416 bis cod. pen., di cu…

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