Cassazione penale Sez. V sentenza n. 9601 del 20 marzo 2006

ECLI:IT:CASS:2006:9601PEN

Massima

Massima ufficiale
È manifestamente infondata, in riferimento agli articoli 3, 25, comma secondo, 101, 27 e 111 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 10, comma terzo, della L. 29 novembre 2005, n. 251, nella parte in cui non prevede che i più brevi termini di prescrizione previsti dalla suddetta legge siano applicabili ai processi pendenti dinanzi alla Corte di cassazione. Infatti, con riferimento all'art. 3 Cost., il principio di retroattività della legge penale successiva favorevole all'imputato, sancito dall'art. 2, comma terzo, cod. pen., rileva solo nel caso in cui sia intervenuto un mutamento favorevole nella valutazione legislativa del fatto tipico oggetto del giudizio, mentre il legislatore può razionalmente graduare nel tempo e differenziare in relazione ai diversi stati e gradi dei procedimenti e dei processi pendenti l'applicazione di nuovi, più favorevoli termini di prescrizione dei reati, senza per questo violare il canone dell'eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge penale. Non è violato, inoltre, l'art. 25, comma secondo, Cost. in quanto la disposizione transitoria censurata non investe le norme incriminatrici destinate ad essere applicate nel giudizio dinanzi alla Corte di cassazione e non si pone, pertanto, in contrasto con il principio costituzionale per cui "nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso". Nemmeno è violato l'art. 101 Cost., in quanto l'art. 10 L. n. 251 del 2005 dispone al comma secondo che il giudice non deve applicare nei procedimenti e nei processi pendenti i nuovi termini di prescrizione che risultino più lunghi di quelli previgenti, mentre al comma terzo fissa una netta linea di demarcazione, precludendo al giudice l'applicazione dei termini di prescrizione che risultino più brevi solo nei "processi già pendenti in primo grado ove vi sia stata la dichiarazione di apertura del dibattimento" nonché nei "processi già pendenti in grado di appello o avanti alla Corte di cassazione". Infine, non sussiste la violazione dell'art. 27 Cost., con riguardo alla disciplina della recidiva, in quanto si tratta di scelte che rientrano nella discrezionalità del legislatore e, d'altro canto, il carattere afflittivo della misura detentiva e, quindi, anche il suo inasprimento è compatibile con la funzione rieducativa della pena; né rileva l'art. 111 Cost., sotto il profilo dell'incompatibilità della ragionevole durata del processo con le nuove norme sulla prescrizione, posto che la disciplina innovativa non è applicabile nella presente vicenda.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUINTA SEZIONE PENALE
composta dagli Ill.mi Signori:
Giuseppe Pizzuti - Presidente
Alfonso Amato - Consigliere
Aniello Nappi - Consigliere
Gian Giacomo Sandrelli - Consigliere
Maria Vessichelli - Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel ricorso presentato da
Ma. Bo., nato il (...)
Se. Gi., nato il (...)
An. Ge., nata il (...)
avverso la Sentenza del 7.5.2003 della Corte d'Appello di Roma
sentita in pubblica udienza la Relazione svolta dal Cons. Gian Giacomo Sandrelli
udita la Requisitoria del Procuratore Generale Dr. Antonio Gialanella che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.
Sono presenti l'avv. Gi. Fi. del Foro di Ro. difensore della Parte Civile (Fallimento Pa. Srl.) che fa proprie le richieste del PG. chiedendo respingersi ricorsi come da conclusioni che deposita unitamente alla nota spese. E' presente l…

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