Il diniego del permesso di soggiorno per lavoro subordinato a uno straniero extracomunitario, motivato dalla presenza di una condanna penale per il reato di cui all'art. 14, comma 5-ter, del d.lgs. n. 286/1998 (c.d. "reato di clandestinità"), può essere legittimamente annullato dal giudice amministrativo qualora l'amministrazione, nelle more del giudizio, abbia successivamente rilasciato il titolo di soggiorno richiesto, determinando così la sopravvenuta carenza di interesse del ricorrente. In tali casi, il giudice è tenuto a dichiarare l'improcedibilità del ricorso, compensando le spese di giudizio in considerazione delle oscillazioni giurisprudenziali sulla questione sottostante il provvedimento impugnato, risolte soltanto dalle successive pronunce dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato. Tuttavia, il giudice deve comunque disporre il rimborso del contributo unificato in favore del ricorrente, a prescindere dalla decisione sulle spese, in quanto tale conseguenza discende automaticamente dall'accoglimento, anche solo virtuale, del ricorso a seguito della revoca del provvedimento impugnato da parte dell'amministrazione.