Il proprietario di un'area per la quale siano decaduti i vincoli espropriativi previsti dal piano regolatore generale ha diritto a ottenere dall'amministrazione comunale l'adozione di un provvedimento espresso che definisca la nuova destinazione urbanistica del sito, in ossequio al principio di doverosità dell'azione amministrativa e ai doveri di correttezza e buona amministrazione. L'amministrazione è tenuta a pronunciarsi sull'istanza del privato entro un termine ragionevole, decorso il quale, in caso di persistente inerzia, il giudice amministrativo può nominare un commissario ad acta per l'adozione del provvedimento dovuto. Il mancato esercizio del potere amministrativo, in violazione dell'obbligo di provvedere, configura un'ipotesi di illegittimo silenzio-rifiuto, suscettibile di essere censurata in sede giurisdizionale. Il principio di doverosità dell'azione amministrativa, integrato dai canoni di ragionevolezza e buona fede, impone all'amministrazione di adottare un provvedimento espresso ogniqualvolta esigenze di giustizia sostanziale lo richiedano, in ossequio al dovere di correttezza e buona amministrazione di cui all'art. 97 della Costituzione, rispetto al quale il privato vanta una legittima e qualificata aspettativa ad una pronuncia esplicita. L'amministrazione non può esimersi dall'obbligo di provvedere, neppure in assenza di specifiche norme che impongano l'adozione di un atto, quando ciò sia necessario per tutelare situazioni giuridiche meritevoli di considerazione. Il silenzio-rifiuto dell'amministrazione, in tali ipotesi, è pertanto illegittimo e il giudice amministrativo può ordinare l'adozione del provvedimento dovuto, eventualmente nominando un commissario ad acta in caso di persistente inerzia.