Il diritto alla riparazione per ingiusta detenzione spetta alla persona assolta con sentenza irrevocabile perché il fatto non sussiste, per non aver commesso il fatto, perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, qualora abbia subito restrizioni della libertà personale nelle forme della custodia cautelare. Tale diritto può essere escluso solo qualora il giudice dimostri in modo congruo ed esplicito che il richiedente abbia tenuto una condotta, processuale o extraprocessuale, dolosa o gravemente colposa, che abbia avuto una effettiva e concreta incidenza rispetto all'adozione della misura cautelare, oppure che abbia determinato il mantenimento della custodia cautelare, la mancata revoca o la sostituzione di tale misura. La mera genericità e neutralità di condotte come l'interessamento a questioni amministrative rientranti nelle funzioni istituzionali del soggetto, o i rapporti con imprenditori e esponenti politici, non sono sufficienti a integrare gli estremi della colpa grave, in assenza di una motivazione adeguata che dimostri il nesso causale tra tali condotte e l'adozione o il mantenimento della misura cautelare ingiustamente applicata.