Cassazione penale Sez. V sentenza n. 1183 del 14 gennaio 2002

ECLI:IT:CASS:2002:1183PEN

Massima

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Il diritto di critica, quale aspetto essenziale del più ampio diritto di libertà di manifestazione del pensiero garantito dalla Costituzione, si configura come causa di giustificazione del reato di diffamazione a mezzo stampa, purché l'esercizio di tale diritto avvenga nei limiti della verità del fatto narrato, dell'interesse pubblico alla sua conoscenza (pertinenza) e della correttezza (continenza) con cui il fatto viene riferito. Pertanto, affinché possa operare la scriminante di cui all'art. 51 c.p., è necessario che vi sia una corrispondenza tra il narrato e l'accaduto nella sua obiettiva realtà, con un assoluto rispetto della verità dei fatti riferiti, senza introdurre elementi aggiuntivi o deformazioni sostanziali della notizia, tali da attribuire ai soggetti coinvolti una condotta diversa da quella effettivamente posta in essere. Diversamente, l'utilizzo di espressioni obiettivamente incontinenti, che attribuiscano ai giornalisti e alla testata giornalistica una deliberata distorsione della verità e della realtà dei fatti, configurando una strategia di mistificazione e falsità, integra il reato di diffamazione, non potendosi ritenere scriminato dall'esercizio del diritto di critica.

Sentenza completa

FATTO
Il GUP presso il tribunale di Crema, in data 20.6.2000, dichiarava R. G., sia nella veste di esponente del "Coordinamento Comitati spontanei produttori latte", sia quale direttore responsabile del periodico "MAF" (Manifesto Agricolo Padano), colpevole di avere offeso la reputazione di I. R., giornalista del quotidiano "Il Sole 24 Ore" e di avere omesso il controllo sul contenuto di un articolo (pubblicazione n. 4.5), nonché di B. N., giornalista del suddetto quotidiano e della Società "Il Sole 24 Ore", responsabile G. M., editrice della testata giornalistica.
Veniva ritenuto il concorso formale (data I'unicità dell'azione) tra i reati di cui ai capi A, C ed E e tra i capi B e C, per una serie di diffamazioni e, concesse le attenuanti generiche, ritenute equivalenti alle aggravanti contestate, valutata la diminuente del rito, il GUP lo condannava, rispettivamente, alla pena di lire 1.000.000 di multa e lire 400.000 di mul…

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